Quadro
Normativo
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D.P.R. n. 1124 del 30 giugno 1965: “Testo Unico delle
disposizioni per l'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul
lavoro e le malattie professionali”, art. 3.
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Sentenza della Corte Costituzionale n. 179 del 18 febbraio 1988:
introduzione del “sistema misto” di tutela delle malattie professionali.
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Circolare n. 35/1992: “Sentenze nn. 179 e 206 del 1988 della
Corte Costituzionale: prima fase del decentramento della trattazione di
pratiche di tecnopatie non tabellate”. |
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Decreto Legislativo n. 38 del 23 febbraio 2000, art. 10, comma
IV: conferma legislativa del “sistema misto” di tutela delle malattie
professionali.
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Decreto ministeriale del 12 luglio 2000: “Approvazione di Tabella
delle menomazioni, Tabella indennizzo danno biologico, Tabella dei
coefficienti, relative al danno biologico ai fini della tutela
dell’assicurazione contro gli infortuni e malattie professionali”.
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Delibera del Consiglio di Amministrazione n. 473 del 26 luglio 2001:
definizione di percorsi metodologici per la diagnosi eziologica delle
patologie psichiche e psicosomatiche da stress e disagio lavorativo.
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Lettera del 12 settembre 2001 della Direzione Centrale Prestazioni e della
Sovrintendenza Medica Generale: “Malattie psichiche e
psicosomatiche da stress e disagio lavorativo, compreso il mobbing. Prime
indicazioni operative”.
PREMESSA
Con lettera
del 12 settembre 2001 sono state fornite le prime istruzioni
per la trattazione delle denunce di disturbi psichici determinati
dalle condizioni organizzativo/ambientali di lavoro ed è stato disposto
che, data l’esigenza di acquisire un adeguato patrimonio di informazioni e
conoscenze sulla materia, tutte le fattispecie con documentazione completa
e probante fossero inviate all’esame centrale.
L’esame
degli oltre 200 casi pervenuti (denunciati all’Inail
quasi sempre dopo accertamenti e trattamenti terapeutici) ha consentito di
monitorare il fenomeno e di conoscere l’approccio diagnostico dei vari
centri specialistici nazionali che fanno capo a Cattedre Universitarie,
Ospedali, Ambulatori e Centri di Salute Mentale delle AA.SS.LL. operanti
sul territorio.
L‘accertamento del rischio, effettuato sulla base della denuncia di
malattia professionale - integrata ove necessario da richieste specifiche
ai datori di lavoro e dai risultati di incarichi ispettivi mirati - nonché
le ulteriori indagini cliniche specialistiche eseguite, hanno condotto al
riconoscimento della natura professionale della patologia diagnosticata
nel 15 per cento circa dei casi esaminati.
Contemporaneamente, l’apposito Comitato Scientifico1
, dopo aver approfondito gli aspetti più complessi e controversi del
problema, è pervenuto alle conclusioni contenute nel documento
che si allega per opportuna conoscenza2.
Completata
questa propedeutica fase di studio e monitoraggio, si forniscono nuove e
più articolate istruzioni sulle modalità di trattazione di questi casi.
Le
istruzioni di seguito indicate tengono conto:
· dell’esperienza maturata nel periodo di osservazione
· della Relazione del Comitato Scientifico
· della letteratura in materia.
I
FATTORI DI RISCHIO
La
posizione assunta dall’Istituto sul tema delle patologie psichiche
determinate dalle condizioni organizzativo/ambientali di lavoro trova il
suo fondamento giuridico nella Sentenza della Corte Costituzionale n.
179/1988 e nel Decreto Legislativo n. 38/2000 (art. 10, comma 4), in base
ai quali sono malattie professionali, non solo quelle elencate nelle
apposite Tabelle di legge, ma anche tutte le altre di cui sia dimostrata
la causa lavorativa.
Secondo
un’interpretazione aderente all’evoluzione delle forme di organizzazione
dei processi produttivi ed alla crescente attenzione ai profili di
sicurezza e salute nei luoghi di lavoro, la nozione di causa lavorativa
consente di ricomprendere non solo la nocività delle lavorazioni
in cui si sviluppa il ciclo produttivo aziendale (siano esse
tabellate o non) ma anche quella riconducibile all’organizzazione
aziendale delle attività lavorative.
I disturbi
psichici quindi possono essere considerati di origine professionale solo
se sono causati, o concausati in modo prevalente, da specifiche e
particolari condizioni dell’attività e della organizzazione del lavoro.
Si ritiene
che tali condizioni ricorrano esclusivamente in presenza di situazioni di
incongruenza delle scelte in ambito organizzativo, situazioni definibili
con l’espressione “costrittività organizzativa”.
Le
situazioni di “costrittività organizzativa” più ricorrenti sono
riportate di seguito, in un elenco che riveste un imprescindibile valore
orientativo per eventuali situazioni assimilabili. |
ELENCO DELLE “COSTRITTIVITÀ ORGANIZZATIVE”
· Marginalizzazione dalla attività lavorativa
· Svuotamento delle mansioni
· Mancata assegnazione dei compiti lavorativi, con
inattività forzata
· Mancata assegnazione degli strumenti di lavoro
· Ripetuti trasferimenti ingiustificati
· Prolungata attribuzione di compiti dequalificanti
rispetto al profilo professionale posseduto
· Prolungata attribuzione di compiti esorbitanti o
eccessivi anche in relazione a eventuali condizioni di handicap psico-fisici
· Impedimento sistematico e strutturale all’accesso a
notizie
· Inadeguatezza strutturale e sistematica delle
informazioni inerenti l’ordinaria attività di lavoro
· Esclusione reiterata del lavoratore rispetto ad
iniziative formative, di riqualificazione e aggiornamento professionale
· Esercizio esasperato ed eccessivo di forme di controllo.
Nel rischio
tutelato può essere compreso anche il cosiddetto “mobbing strategico”
specificamente ricollegabile a finalità lavorative. Si ribadisce tuttavia
che le azioni finalizzate ad allontanare o emarginare il lavoratore
rivestono rilevanza assicurativa solo se si concretizzano in una delle
situazioni di “costrittività organizzativa” di cui all’elenco sopra
riportato o in altre ad esse assimilabili.
Le
incongruenze organizzative, inoltre, devono avere caratteristiche
strutturali, durature ed oggettive e, come tali, verificabili e
documentabili tramite riscontri altrettanto oggettivi e non suscettibili di
discrezionalità interpretativa.
Sono invece
esclusi dal rischio tutelato:
·
i fattori organizzativo/gestionali legati al normale svolgimento del
rapporto di lavoro (nuova assegnazione, trasferimento, licenziamento)
· le situazioni indotte dalle dinamiche
psicologico-relazionali comuni sia agli ambienti di lavoro che a quelli di
vita (conflittualità interpersonali, difficoltà relazionali o condotte
comunque riconducibili a comportamenti puramente soggettivi che, in quanto
tali, si prestano inevitabilmente a discrezionalità interpretative).
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MODALITÀ DI TRATTAZIONE DELLE PRATICHE
ACCERTAMENTO DELLE CONDIZIONI DI RISCHIO
Come per
tutte le altre malattie non tabellate, l’assicurato ha l’obbligo di
produrre la documentazione idonea a supportare la propria richiesta per
quanto concerne sia il rischio sia la malattia.
L’Istituto,
da parte sua, ha il potere-dovere di verificare l’esistenza dei
presupposti dell’asserito diritto, anche mediante l’impegno partecipativo
nella ricostruzione degli elementi probatori del nesso eziologico.
L’esperienza fin qui maturata ha dimostrato che non sempre sono
producibili dall’assicurato, o acquisibili dall’Istituto, prove
documentali sufficienti.
È perciò
necessario procedere ad indagini ispettive per
raccogliere le prove testimoniali dei colleghi di lavoro, del datore di
lavoro, del responsabile dei servizi di prevenzione e protezione delle
aziende e di ogni persona informata sui fatti allo scopo di:
·
acquisire riscontri oggettivi
di quanto dichiarato dall’assicurato
· integrare gli elementi probatori
prodotti dall’assicurato.
Ulteriori
elementi potranno essere attinti dall’eventuale accertamento dei fatti
esperito in sede giudiziale o in sede di vigilanza ispettiva da parte
della Direzione Provinciale del Lavoro o dei competenti uffici delle
AA.SS.LL..
Come per
tutte le altre malattie professionali3,
l’indagine ispettiva mirata ad acquisire i riscontri oggettivi nonché gli
eventuali elementi integrativi di quanto asserito e prodotto
dall’assicurato dovrà essere attivata su richiesta della funzione
sanitaria, che provvederà anche ad indicare gli specifici aspetti da
indagare.
Diversamente invece dalle altre malattie professionali (per le quali
l’intervento ispettivo è previsto solo se necessario) per le patologie in
oggetto l’indagine ispettiva deve essere sempre effettuata. Fanno
ovviamente eccezione le ipotesi in cui la funzione sanitaria, già al
termine della prima fase istruttoria, è giunta alla determinazione di
definire negativamente il caso per l’assenza della malattia o per la
certezza della esclusione della sua origine professionale.
L’ITER DIAGNOSTICO DELLA MALATTIA PROFESSIONALE DA COSTRITTIVITÀ
ORGANIZZATIVA
L’iter
diagnostico da seguire ai fini di una uniforme trattazione medico-legale
dei casi denunciati all’Istituto è descritto di seguito. |
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Anamnesi lavorativa pregressa e attuale
· Indicare settore lavorativo, anno di assunzione,
qualifica e mansioni svolte.
· Descrivere la situazione lavorativa ritenuta causa
della malattia individuando le specifiche condizioni di costrittività
organizzativa.
· Disporre, se non già in atti, le necessarie indagini
ispettive4
con la conseguente acquisizione di dichiarazioni del datore di lavoro,
testimonianze dei colleghi di lavoro, eventuali atti giudiziari, ecc..
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Anamnesi fisiologica: riportare le abitudini di vita
(alimentazione, fumo, alcoolici, hobby, titolo di studio, ecc.)
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Anamnesi patologica remota |
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Anamnesi patologica prossima:
· Riportare la diagnosi formulata nel 1° certificato
medico di malattia professionale.
· Descrivere il decorso ed i sintomi del disturbo
psichico.
· Comprendere, nella documentazione medica di interesse,
le certificazioni specialistiche, gli accertamenti sanitari preventivi e
periodici svolti in azienda ed eventuali “precedenti Inps”. |
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Esame obiettivo completo |
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Indagini neuropsichiatriche:
· Visita e relazione neuropsichiatrica corredata di
eventuali test psicodiagnostici, se è presente in Sede lo specialista
neuropsichiatra.
· Consulenza specialistica esterna, in convenzione con
specialista in neuropsichiatria di comprovata esperienza o con struttura
pubblica, se non è presente in Sede lo specialista neuropsichiatra.
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Test psicodiagnostici:
· La particolarità della materia lascia al singolo
specialista, in relazione alla sua esperienza professionale, la scelta dei
test da somministrare, test che integrano l’esame obiettivo
psichico ma non possono sostituirlo. Tali test, nel complesso del
videat psichiatrico, assumono indubbia importanza per la loro
riproducibilità e confrontabilità nel tempo e dunque per finalità
medico-legali. Elenchiamo di seguito quelli usati più frequentemente.
a) Questionari di personalità (MMPI e MMPI2, EWI, MPI,
MCMI ecc.)
b) Scale di valutazione dei sintomi psichiatrici:
- per ansia e depressione, di auto e eterovalutazione (BDI, HAD scale,
HAM-A, HAM e Zung depression rating scale, MOOD scale)
- per aggressività e rabbia (STAXI)
- per disturbo post-traumatico da stress (MSS-C)
- per amplificazione di sintomi somatici (MSPQ)
c) Tests proiettivi (Rorschach, SIS, TAT, Reattivi di
disegno ecc.) |
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Diagnosi medico-legale:
· Per l’inquadramento nosografico, fare esclusivo
riferimento ai seguenti due quadri morbosi:
- sindrome (disturbo) da disadattamento cronico
- sindrome (disturbo) post-traumatica/o da stress cronico.
La diagnosi comunemente correlabile ai rischi in argomento è il disturbo
dell’adattamento cronico, con le varie manifestazioni cliniche (ansia,
depressione, reazione mista, alterazione della condotta, disturbi
emozionali e disturbi somatoformi). La valutazione di queste
manifestazioni consentirà la classificazione in lieve, moderato, severo.
La diagnosi di sindrome (o disturbo) post traumatico da stress può
riguardare quei casi per i quali l’evento lavorativo, assumendo
connotazioni più estreme, può ritenersi paragonabile a quelli citati
nelle classificazioni internazionali dell’ICD-10 e DSM-IV. Questi casi
vengono definiti come “estremi/eccezionalmente minacciosi o
catastrofici” (a tale riguardo giova ricordare la possibilità che
fattispecie che configurino un “evento acuto” devono trovare naturale
collocazione nell’ambito dell’infortunio lavorativo).
·
Escludere, ai fini della diagnosi differenziale, la presenza di:
- sindromi e disturbi psichici riconducibili a patologie d’organo e/o
sistemiche, all’abuso di farmaci e all’uso di sostanze stupefacenti
- sindromi
psicotiche di natura schizofrenica, sindrome affettiva bipolare,
maniacale, gravi disturbi della personalità. |
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Valutazione del danno biologico permanente
La tabella delle menomazioni, relativa alla valutazione del danno
biologico in ambito INAIL5
, prevede la presenza di due voci che attengono entrambe al solo
disturbo post-traumatico da stress cronico, di grado moderato (voce 180)
e severo (voce 181).
L’intervallo valutativo riportato offre un adeguato riferimento per
consentire, in analogia, la valutazione del danno biologico anche da
disturbo dell’adattamento cronico. I due quadri menomativi, anche se
derivano da un evento lesivo diverso, possono presentare infatti
pregiudizi della sfera psichica in parte sovrapponibili e coincidenti.
La valutazione del danno terrà conto del polimorfismo e della gravità dei
sintomi psichiatrici e somatoformi, secondo le indicazioni delle
classificazioni internazionali sopra richiamate, così come riscontrati nel
singolo caso.
Codifica
Dovranno
essere utilizzati i seguenti codici:
|
Codice
amministrativo A: 99.0 |
|
|
Codice
di malattia M: |
|
Disturbo dell’adattamento cronico |
|
145 (7) |
Disturbo post traumatico da stress cronico |
Codice
di agente causale: |
|
Da
individuare nel gruppo “Fattori psicologici” in relazione alla
condizione di costrittività organizzativa ritenuta prevalente |
Disposizioni
La fase di
sperimentazione può considerarsi completata. Questa circolare, infatti,
riporta un esaustivo ed articolato quadro di riferimento che consente, già
da ora, di garantire omogeneità e correttezza nella trattazione delle
pratiche.
Sono inoltre
previsti specifici corsi di formazione, programmati per il prossimo mese di
gennaio, nonché ulteriori direttive di carattere generale in relazione alle
problematiche che dovessero emergere.
A partire
dalla data della presente circolare, le denunce di disturbi psichici da
costrittività organizzativa saranno definite direttamente a cura delle Sedi
senza il parere preventivo della Direzione Generale.
Le Direzioni
Regionali, nell’ambito delle loro funzioni di indirizzo, coordinamento e
controllo, adotteranno ogni iniziativa idonea a garantire uniformità e
completezza di lettura della presente circolare e conseguenti correttezza ed
omogeneità di comportamento sul territorio.
Per quanto
non specificato in questo contesto, si fa rinvio ai vigenti indirizzi in
materia di trattazione delle malattie professionali non tabellate.
IL DIRETTORE GENERALE f.f.
Dr. Pasquale ACCONCIA
1.Nominato
con delibera del Consiglio di amministrazione n. 608/2001
2. Allegato 1: Relazione del Comitato Scientifico.
3. Lettera del 18 settembre 2003: "Nuovo flusso
procedurale per l'istruttoria delle denunce di malattia professionale".
4. Cfr. paragrafo precedente: "Accertamento delle
condizioni di rischio".
5. Decreto ministeriale del 12 luglio 2000.
6. Inserito nel settore V del "Codice Sanitario M"
(circ. n. 35/1992).
7. Cfr. nota 6 .
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