Con la sentenza Corte di Cassazione
penale, sez. III, 26 maggio 2003, n. 22931, si è statuito che “affinché la
delega di attribuzioni all’interno dell’azienda sia seria e reale, e non un
mezzo artificioso per scaricare le responsabilità, essendo necessario che essa
abbia forma espressa e contenuto chiaro in modo che il delegato sia messo in
condizione di conoscere le responsabilità che gli sono attribuite, che il
delegato sia dotato di autonomia gestionale e di capacità di spesa nella materia
delegata, in modo da esercitare la responsabilità assunta e infine che il
delegato sia dotato di idoneità tecnica e professionale, a nulla rileva ai fini
della operatività della delega la forma scritta e la dimensione dell’impresa,
tale da giustificare la necessità di decentrare compiti e responsabilità”. Corte di Cassazione penale, 26 maggio 2003, n. 22931 Affinché la delega di attribuzioni all’interno dell’azienda sia seria e reale, e non un mezzo artificioso per scaricare le responsabilità, essendo necessario che essa abbia forma espressa e contenuto chiaro in modo che il delegato sia messo in condizione di conoscere le responsabilità che gli sono attribuite, che il delegato sia dotato di autonomia gestionale e di capacità di spesa nella materia delegata, in modo da esercitare la responsabilità assunta e infine che il delegato sia dotato di idoneità tecnica e professionale, a nulla rileva ai fini della operatività della delega la forma scritta e la dimensione dell’impresa, tale da giustificare la necessità di decentrare compiti e responsabilità. (Nel caso in specie si definisce la responsabilità del direttore generale di una cantina per il reato di cui agli artt. 12 e 21 della legge 319/1976 e successive modificazioni, per aver effettuato scarichi di acque reflue superanti i limiti di legge per il parametro rame). Corte di Cassazione penale, sez. III, 26 maggio 2003, n. 22931 (ud. 13 marzo 2003). Pres. Zumbo - Est. Onorato - Ric. Conci. Svolgimento del processo e motivi della decisione. 1. - Con sentenza del 20 luglio 2001 la Corte di appello di Trento ha confermato quella resa il 5 aprile 2000 dal locale tribunale, che aveva assolto per non aver commesso il fatto Guido Conci, imputato del reato p. e p. dagli artt. 12, n. 2 e 21, comma 3, legge 319/1976 e succ. mod., perché - nella sua qualità di legale rappresentante della s.c. a r.l. Cantina Mezzocorona - aveva effettuato scarichi di acque reflue superanti i limiti di legge per il parametro rame. I giudici di merito hanno ritenuto che il presidente e legale rappresentante della cantina aveva delegato pieni poteri nella soggetta materia al direttore generale Rizzoli, che aveva competenze gestionali e finanziarie. 2. - Il procuratore generale di Trento ha proposto ricorso per cassazione, osservando che la Corte territoriale non ha indicato alcuna circostanza di fatto che consentisse di provare il rispetto delle condizioni di operatività penale della delega: cioè forma scritta, contenuto specifico, requisiti di capacità e idoneità del delegato, presupposto di legittimità connesso alle dimensioni dell’impresa. 3. - La sentenza di questa Corte (sez. III, n. 422 del 17 gennaio 2002, Natali, rv. 215159), citata dal pubblico ministero ricorrente a sostegno dell’impugnazione, non può essere condivisa laddove richiede come condizione di operatività penale della delega la forma scritta e la dimensione dell’impresa, tale da giustificare la necessità di decentrare compiti e responsabilità. Invero, perché la delega di attribuzioni all’interno dell’azienda sia seria e reale, e non un mezzo artificioso per scaricare la responsabilità a livelli mansionali inferiori e comunque inadeguati a sopportarli, è necessario che: a) essa abbia forma espressa (non tacita) e contenuto chiaro, in modo che il delegato sia messo in grado di conoscere le responsabilità che gli sono attribuite; b) il delegato sia dotato di autonomia gestionale e di capacità di spesa nella materia delegata, in modo che sia messo in grado di esercitare effettivamente la responsabilità assunta; c) il delegato sia dotato di idoneità tecnica, in modo che possa esercitare la responsabilità con la dovuta professionalità. Al di là di queste condizioni, tutte le altre indicate nella sentenza Natali non sono intrinsecamente necessarie per trasferire attribuzioni mansionali e connesse responsabilità penali dal delegante al delegato, ovvero non sono altro che specificazioni contingenti delle condizioni necessarie suddette. Tali condizioni devono essere rigorosamente provate secondo i principi generali che disciplinano la prova nel processo penale; ma nessuna norma positiva giustifica la richiesta di una prova scritta dell’esistenza della delega. Neppure può sostenersi che la delega non è scriminante se le dimensioni dell’azienda non impongono il decentramento delle mansioni. Altre ragioni possono giustificare il conferimento della delega, per esempio la titolarità di altre piccole aziende in capo al rappresentante legale, ovvero la particolare professionalità di un dirigente in un settore ad alto tasso tecnico che induce il titolare dell’azienda ad affidargli la responsabilità del settore, e simili. Quello che il giudice penale deve accertare per inferirne un trasferimento di responsabilità è che non si tratti di una delega apparente: per esempio che il delegante non abbia continuato a ingerirsi nella gestione del settore delegato, ovvero abbia ostacolato la spesa deliberata dal delegato (sintomi inequivoci della apparenza della delega). Quel che invece non può fare è elaborare senza alcuna base normativa o dommatica rigidi principi generali per sottrarsi al dovere degli accertamenti probatori concreti. 4. - Nel caso di specie, però, i giudici di merito, e in particolare quello d’appello, hanno correttamente ritenuta raggiunta la prova della serietà e effettività della delega. In particolare, con motivazione esente da vizi logici e giuridici, hanno accertato, attraverso le deposizioni testimoniali dello stesso direttore generale delegato e del responsabile di laboratorio, che la delega era stata conferita in forma espressa e con chiaro contenuto, che il delegato era professionalmente idoneo nel settore della depurazione delle acque, che inoltre era dotato della necessaria autonomia gestionale e finanziaria. Le censure formulate al riguardo dal ricorrente o sono giuridicamente infondate o involgono una rivalutazione del fatto, che è preclusa in sede di legittimità. Il ricorso va quindi respinto. (Omissis). |
Altre utility del sito: Guarda la televisione da internet Indice Giornali da tutto il mondo
|
L’utilizzo della delega anche nelle PMI
di Cinzia Frascheri
Responsabile nazionale CISL salute e sicurezza sul lavoro
La
Cassazione (sez. III) con una recentissima sentenza (n.22931/03) ha
autorevolmente confermato la possibilità, all’interno delle piccole imprese, di
poter utilizzare lo strumento della delega di funzioni -che ricordiamo essere
una forma di devoluzione volontaria del carico obbligatorio (responsabilità) e
sanzionatorio dal titolare della delega al soggetto delegato.
La
significatività della pronuncia, per la sua innovazione, è tale soprattutto non
solo perché va a modificare un orientamento della Suprema corte, ormai da tempo
consolidato e più volte confermato mediante importanti sentenze, ma perché
sembra voler scrivere la parola fine alle tante diverse interpretazioni sul
tema.
Le
condizioni e i criteri previsti e precisati rigorosamente negli anni dalla
giurisprudenza, secondo le quali si poteva ritenere legittima una delega,
ricomprendevano: a) la complessità dell’organizzazione produttiva nella quale si
esercitava la delega; b) il contenuto in forma scritta; c) l’oggetto
determinato/espresso e specifico; d) l’autonomia decisionale e di spesa del
delegato; e) il conferimento a persona tecnicamente idonea; f) la mancata
sussistenza di elementi/condizioni di illegalità nelle funzioni oggetto di
delega. Con la nuova sentenza, si arriva ad esimere l’imprenditore da
responsabilità penale anche se ha esercitato il diritto di delega in un contesto
lavorativo dalle dimensioni non “complesse”, tali cioè da non giustificare la
necessità di trasferire compiti e responsabilità proprie ad altri (viene meno
così il primo criterio previsto dalla giurisprudenza del passato) e, al
contempo, si arriva ad esimere l’imprenditore da responsabilità penale in
presenza di delega espressa non in forma scritta (viene meno così anche il
secondo criterio previsto dalla giurisprudenza del passato).
Negli anni, nel rispetto delle pronunce della Suprema corte, la delega trovava
ragione d’essere in mere condizioni di grandi realtà produttive, in presenza
cioè di una oggettiva impossibilità da parte dell’imprenditore di poter far
fronte alla contemporaneità degli impegni e degli adempimenti a cui per ruolo è
chiamato. L’ultima decisione di Cassazione sdogana questa rigidità riconsegnando
allo strumento volontario un più ampio spazio di utilizzo. Sarà perciò così
possibile ricorrere alla delega da parte degli imprenditori di aziende dalle
dimensioni ridotte, nel caso ad esempio in cui il rappresentate legale sia
titolare di più realtà produttive o, ancora, nel caso in cui un titolare ravvisi
in un suo dirigente competenze specifiche tecniche tali da indurlo ad affidargli
proprie consistenti responsabilità in un determinato settore.
Rimangono confermati invece, quali criteri irrinunciabili della delega di
funzioni -anche alla luce della nuova pronuncia della Corte- la piena autonomia
decisionale del delegato nella proprie azioni, attività e decisioni di spesa
nelle quali non dovrà mai esserci alcuna forma di ingerenza da parte del
delegante che dovrà, unicamente, intervenire in caso di riscontrata inerzia del
delegato nel far fronte alle mansioni/responsabilità a questo trasferite, per
non incorrere a sua volta nelle conseguenze penali di una responsabilità da
mancata vigilanza (culpa in vigilando). E, parimenti, il conferimento di
responsabilità ad una persona che non dimostri oggettivamente di possedere
l’idoneità per sostenere il carico di responsabilità contenuto nel mandato di
delega, condizione anch’essa per una responsabilità, residuale, del delegante
riconducibile ad una non adeguata (perché volutamente mancata o non attenta)
individuazione del soggetto delegato (culpa in eligendo).
Un
riferimento preciso allo strumento della delega lo si trova nel D.Lgs.626/94,
nella versione integrata dal D.Lgs.242/96. All’art.1, 4 c. ter, del testo
coordinato, il legislatore ha inteso precisare che -ponendo anche in questo caso
fine alle tante e diverse posizioni dottrinali che si erano andate susseguendo
di fronte ad un totale silenzio del legislatore del ‘94 sul tema- il datore di
lavoro ha piena facoltà di ricorrere allo strumento della delega di funzioni per
tutti gli adempimenti previsti a suo carico in materia di prevenzione, esclusi
quattro, indelegabili, specifici e puntualmente indicati. Obbligo di valutazione
dei rischi (art. 4, 1 c.), obbligo di elaborazione del documento di valutazione
dei rischi (art. 4, 2 c.), obbligo di designazione del responsabile del
servizio di prevenzione e protezione (art. 4, 4 c., lett.a) e obbligo di
autocertificazione dell’avvenuta effettuazione della valutazione del rischio e
degli obblighi da questa derivati, per le aziende familiari e per quelle che
occupano fino a dieci addetti (art. 4, 11 c., primo periodo).
|
home page: www.zenomoretti.com
Policy pagina
Nella pagina ci sono collegamenti verso pagine di utilità completamente gratuite. Nella pagina ci sono pubblicità scelte a seconda della pagina in cui devono comparire (scelte per lo più da Google). Se vedete una pubblicità che Vi interessa e fate un click sopra non Vi costa nulla ma visto che il sito sponsor mi riconosce un bonus Vi posso dire solo Grazie