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Impianti di protezione da scariche atmosferiche |
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Com’é noto, precedentemente alla pubblicazione del D.Lgs. 81/2008 e s.m.i, le attività e le lavorazioni per le quali vi era l’obbligo di effettuare la protezione da scariche atmosferiche erano elencate nelle tabelle A e B del D.P.R. 689/1959. Con l’abrogazione del D.P.R. 547/1955 non vi è più alcun riferimento ad uno specifico elenco di attività e lavorazioni con obbligo di protezione da scariche atmosferiche. Come previsto dall’art. 80 del D.Lgs. 81/2008 e s.m.i, il datore di lavoro deve effettuare una “Valutazione del rischio di fulminazione diretta e indiretta” per tutti gli ambienti ove si svolgano attività di lavoro; per la procedura da seguire si fa riferimento alla norma tecnica CEI EN 62305-2. Se, a seguito di tale valutazione, risulti che il rischio da fulminazione sia inferiore al rischio tollerabile ammesso, non sono necessarie particolari protezioni (c.d. “impianto autoprotetto”).
Tra le misure di protezione vi può essere la realizzazione di un impianto di protezione da scariche atmosferiche esterno (LPS).
Nel caso di installazione di impianti di protezione da scariche atmosferiche esterne il datore di lavoro dovrà comunicare all’ARPAV e all’ISPESL la messa in servizio degli impianti, inviando copia della dichiarazione di conformità rilasciata dall’installatore al termine dell’esecuzione del parafulmine; dovrà inoltre provvedere alla verifica periodica degli impianti stessi. Si fa presente, infine che, se dalla valutazione del rischio di fulminazione risultasse necessaria la sola installazione di scaricatori di sovratensione (ma non dell’impianto di protezione esterno), il datore di lavoro non deve in questo caso procedere alla denuncia dell’impianto di protezione da fulmini.
Su TuttoNormel n. 1 gennaio 2006, è apparso un’interessante articolo inerente le nuove norme per il calcolo di protezione contro i fulmini. L’articolo introduce la nuova normativa europea in vigore dal 2006 sulla protezione contro le scariche atmosferiche, analizzando cosa cambia rispetto alle vecchie norme. In fondo all’articolo trovate il link per scaricare in Pdf il documento originale, e per snellire le fasi di progettazione della protezione contro i fulmini, alla fine dell’articolo, segnalo un Software per calcolo probabilistico dei danni da fulminazione o sovratensioni. L’articolo di TuttoNormel è suddiviso in 6 paragrafi:
1. Premessa
Dopo quasi dieci anni di vita e onorato servizio vanno a riposo le norme CEI 81-1 81-4 relative alla protezione contro i fulmini. Il pensionamento anticipato riguarda anche la giovane guida CEI 81-8 per l’impiego degli SPD. Con ogni probabilità, a partire dal mese di Aprile 2006 saranno pubblicate le nuove norme CEI basate sulle seguenti norme europee, per un totale di circa 400 pagine:
I rimandi tra una norma e l’altra sono frequenti e in alcuni casi essenziali per la comprensione del testo, sicché occorre disporre di tutti e quattro i fascicoli. La norma CEI EN 62305-1 relativa ai principi generali introduce i parametri della corrente di fulmine e i relativi tipi di danno; illustra la necessità e la convenienza economica della protezione, le misure di protezione da adottare e i criteri per la protezione di strutture e servizi. Il metodo di analisi del rischio per stabilire la necessità o la convenienza della protezione è l’oggetto della norma CEI EN 62305-2. I criteri per la progettazione, l’installazione e la manutenzione delle misure di protezione contro il fulmine sono contenuti:
Questa nota illustra in modo sintetico la norma CEI EN 62305-2 relativa all’analisi del rischio fulminazione. 2. Sorgenti di Danno e Tipi di DannoUn fulmine può danneggiare una struttura perché la colpisce direttamente, oppure perché colpisce i servizi entranti nella struttura stessa (ad es. linee di energia o di segnale, tubazioni di acqua, gas o altri fluidi, ecc.), o infine perché cade a terra in prossimità della struttura o dei servizi suddetti. I danni prodotti dal fulmine possono essere essenzialmente di tre tipi:
La norma identifica quattro sorgenti di danno (S) a seconda del punto di caduta del fulmine: S1 Fulminazione Diretta della struttura S2 Fulminazione Indiretta della struttura S3 Fulminazione Diretta di una Linea Elettrica Entrante nella struttura S4 Fulminazione Indiretta di una Linea Elettrica Entrante nella struttura S1 : Fulminazione Diretta della struttura(il fulmine colpisce la struttura). I fulmini che colpiscono direttamente una struttura possono causare i seguenti tipi di danno:
S2: Fulminazione Indiretta della struttura(il fulmine cade a terra in prossimità della struttura). Questi fulmini possono causare l’avaria di apparecchiature elettriche ed elettroniche per sovratensioni dovute ad accoppiamento induttivo (D3). S3: Fulminazione Diretta di una Linea Elettrica Entrante nella struttura(il fulmine colpisce una linea elettrica di energia e/o segnale entrante nella struttura). Questi fulmini possono causare:
S4: Fulminazione Indiretta di una Linea Entrante nella struttura(il fulmine cade in prossimità di una linea entrante nella struttura). Questi fulmini possono causare l’avaria di apparecchiature elettriche ed elettroniche per sovratensioni trasmesse dalla linea (D3). La norma assume che un incendio possa avvenire solo in caso di fulminazione diretta della struttura o della linea, perché in tal caso si ha, attraverso la scarica, il passaggio di una parte della corrente di fulmine caratterizzata da un’elevata energia sufficiente per innescare l’incendio. Si noti che tra i servizi entranti sono considerate solo le linee elettriche. Le tubazioni entranti nell’edificio infatti devono essere connesse al nodo principale di terra della struttura nel punto di ingresso (collegamento equipotenziale principale, CEI 64-8 art. 413.1.2.1) e pertanto, la loro fulminazione, diretta o indiretta, non causa in genere danni all’interno dell’edificio. Una novità sostanziale introdotta dalla nuova norma emerge dall’analisi dei danni considerati per la sorgente di danno S3 (fulminazione diretta della linea). La norma CEI 81-4, infatti, considerava soltanto il danno conseguente all’incendio (ex componente C) e trascurava la morte di persone o animali per tensioni di contatto dovute alle correnti di fulmine trasmesse dalla linea, nonché l’avaria di apparecchiature elettriche ed elettroniche per sovratensioni trasmesse dalla linea. Secondo la norma CEI 81-4, inoltre, l’incendio poteva essere innescato solo dalla fulminazione diretta di una linea elettrica di energia, mentre la nuova norma estende questo rischio anche alle linee di segnale. In pratica la nuova norma, a differenza della norma CEI 81-4, ritiene possibile che una linea di segnale trasporti corrente di fulmine all’interno della struttura servita. La nuova norma aumenta il livello di sicurezza, ma complica inevitabilmente l’analisi del rischio. 3. Il Rischio e le PerditeOgnuno dei tre tipi di danno sopra definiti, da solo o in combinazione con gli altri, può produrre perdite di natura diversa secondo le caratteristiche della struttura. I tipi di perdita e i relativi rischi da valutare sono:
Le perdite L1, L2, L3 hanno un carattere sociale perché riguardano l’intera collettività; la perdita L4 invece è di natura privata in quanto le perdite economiche riguardando solo chi le subisce. Per questo motivo la norma impone la valutazione di L1, L2, L3 e lascia la facoltà di valutare e accettare la perdita L4. La corrispondenza tra sorgenti di danno (S), tipi di danno (D) e tipi di perdita (L) è riportata in tabella A. Una struttura, a seconda della destinazione d’uso, può essere interessata da più tipi di perdita contemporaneamente. Ad esempio, in un edificio adibito ad abitazione si possono verificare perdite di tipo L1 e L4; in un museo, perdite di tipo L1, L3 ed 14; in una centrale telefonica non presidiata, perdite di tipo L2 e L4, ecc. In genere la perdita di tipo L4 è presente in tutti gli edifici, indipendentemente dalla loro destinazione d’uso. Tabella A – Relazione tra sorgente di danno (S1, S2, S3, S4), tipo di danno (D1, D2, D3) e tipo di perdita (L1, L2, L3, L4): Legenda Tabella A: (1) Solo nel caso di strutture con rischio di esplosione, di ospedali o di altre strutture in cui guasti di impianti interni provocano direttamente la perdita di vite umane. (2) Nel caso di strutture ad uso agricolo (perdita di animali). 3.1 Componenti di RischioPer una struttura il rischio (R) relativo al fulmine, in un dato periodo di tempo, è il prodotto del numero di fulmini (N) che possono interessare quella struttura nel periodo di tempo considerato (in genere un anno), per la probabilità (P) che il fulmine provochi una perdita, per l’entità media della perdita conseguente (L): R = N * P * L Per ogni tipo di perdita, il rischio relativo è la somma di diversi rischi parziali chiamati “componenti di rischio” Le componenti che possono concorrere a determinare il tipo di rischio considerato sono classificate per sorgente di danno e per tipo di danno, cioè in modo analogo alla vecchia norma CEI 81-4. La nuova norma, però, aumenta il numero di componenti e cambia le lettere che le identificano; alcune lettere non sono più usate (ad es. la lettera H per le tensioni di contatto e di passo), altre identificano nuove componenti con significati differenti (ad es. la lettera A non identifica più il rischio di incendio, ma bensì il rischio di tensioni di contatto e di passo). Facile immaginare la confusione e lo sconcerto davanti all’ennesimo cambio della norma. È il prezzo da pagare per la costruzione di una normativa tecnica europea (magra consolazione). Il significato delle nuove componenti di rischio è di seguito illustrato. Componente ALa componente di rischio A è relativa ai danni ad esseri viventi per tensioni di contatto e di passo, dovute ad un fulmine diretto sull’edificio (S1), in una fascia di 3 m all’esterno della struttura (ex componente H). Si noti che la zona in cui considerare il pericolo è una fascia di 3 m e non più 5 m come prescriveva la norma CE 81-4. All’interno della struttura questa componente di rischio è ritenuta trascurabile. Le perdite che si possono avere sono L1 (perdita di vite umane) ed L4 (perdita di animali) se l’edificio è adibito ad uso agricolo. Componente BLa componente di rischio B riguarda i danni fisici causati da incendi e/o esplosioni innescati dalle scariche pericolose che hanno luogo in seguito alla fulminazione diretta della struttura (S1), ex componente A. Le perdite che si possono avere sono L1 (perdita di vite umane), L2 (perdita di servizio pubblico) se l’edificio fa parte delle infrastrutture di reti adibite a tale servizio, L3 (perdita di patrimonio culturale) se l’edificio è adibito a museo o attività simili, L4 (perdita economica). Componente CLa componente di rischio C si riferisce ai danni agli impianti interni della struttura, ossia l’avaria di apparecchiature elettriche ed elettroniche, causati dal LEMP (lightning electromagnetic pulse) originato dalla variazione repentina del campo elettromagnetico associato all’impulso della corrente di fulmine che colpisce l’edificio (S1), ex componente D. Tale fenomeno è particolarmente insidioso in quanto determina elevate tensioni indotte di tipo impulsivo all’interno di tutte le spire presenti all’interno della struttura. I danni sugli impianti si hanno qualora le tensioni indotte superino la tensione di tenuta ad impulso dei componenti elettrici. Le perdite che si possono avere sono L1 (perdita di vite umane), se l’edificio è a rischio di esplosione, o se è un ospedale o è comunque adibito ad attività in cui l’avaria di apparecchiature elettriche o elettroniche può avere come diretta conseguenza la morte di persone, L2 (perdita di servizio pubblico) se l’edificio fa parte delle infrastrutture di reti adibite a tale servizio, L4 (perdita economica). Componente MLa componente di rischio M considera i danni agli impianti interni della struttura, ossia l’avaria di apparecchiature elettriche ed elettroniche, causati dal LEMP originato dal fulmine che colpisce in prossimità della struttura (S2). È la stessa componente M della norma CEI 81-4. Le perdite che si possono avere sono L1 (perdita di vite umane), se l’edificio è a rischio di esplosione, o se è un ospedale o è comunque adibito ad attività in cui l’avaria di apparecchiature elettriche o elettroniche può avere come diretta conseguenza la morte di persone, L2 (perdita di servizio pubblico) se l’edificio fa parte delle infrastrutture di reti adibite a tale servizio, L4 (perdita economica). Componente ULa componente di rischio U concerne i danni ad esseri viventi per tensioni di contatto all’interno della struttura, dovute ad un fulmine diretto sulla linea entrante (S3). E una nuova componente di rischio. La nuova norma, infatti, non ritiene più trascurabile la probabilità che a causa di una fulminazione diretta della linea si determini un difetto di isolamento all’interno della struttura con conseguente pericolo per tensioni di contatto. Le perdite che si possono avere sono L1 (perdita di vite umane) ed L4 (perdita di animali) negli edifici adibiti ad uso agricolo. Componente VLa componente di rischio V attiene i danni fisici causati da incendi e/o esplosioni innescati dalle scariche pericolose che hanno luogo in seguito alla fulminazione diretta della linea (S3), ex componente C. Le perdite che si possono avere sono L1 (perdita di vite umane), L2 (perdita di servizio pubblico) se l’edificio fa parte delle infrastrutture di reti adibite a tale servizio, L3 (perdita di patrimonio culturale) se l’edificio è adibito a museo o attività simili, L4 (perdita economica). Componente WLa componente di rischio W contempla i danni agli impianti interni della struttura, ossia l’avaria di apparecchiature elettriche ed elettroniche, causati dalle sovratensioni indotte sulla linea entrante nella struttura da un fulmine che colpisce direttamente la linea (S3). È una nuova componente di rischio. La norma CEI 81-4, infatti, riteneva trascurabile il rischio connesso a questa tipologia di sovratensioni. Le perdite che si possono avere sono L1 (perdita di vite umane), se l’edificio è a rischio di esplosione, o se è un ospedale o è comunque adibito ad attività in cui l’avaria di apparecchiature elettriche o elettroniche può avere come diretta conseguenza la morte di persone, L2 (perdita di servizio pubblico) se l’edificio fa parte delle infrastrutture di reti adibite a tale servizio, L4 (perdita economica). Componente ZLa componente di rischio Z interessa i danni agli impianti interni della struttura, ossia l’avaria di apparecchiature elettriche ed elettroniche, causati dalle sovratensioni indotte sulla linea entrante nella struttura da un fulmine che colpisce in prossimità della linea (S4), ex componente G. Le perdite che si possono avere sono L1 (perdita di vite umane), se l’edificio è a rischio di esplosione, o se è un ospedale o è comunque adibito ad attività in cui l’avaria di apparecchiature elettriche o elettroniche può avere come diretta conseguenza la morte di persone, L2 (perdita di servizio pubblico) se l’edificio fa parte delle infrastrutture di reti adibite a tale servizio, L4 (perdita economica). L’equivalenza nominale tra vecchie e nuove componenti di rischio è riportata in tabella B.
Tabella B – Equivalenza nominale tra componenti di rischio CEI
81-4 e CEI EN 62305-2
Le componenti da considerare per ogni tipo di perdita (e rischio relativo) sono riassunte in tabella C. Tabella C – Componenti di rischio da considerare per ogni tipo di perdita. Legenda Tabella C: (1) Solo per strutture con rischio di esplosione, per ospedali con apparecchiature essenziali per la vita umana e per edifici in genere in cui l’avaria di apparecchiature elettriche ed elettroniche può causare direttamente la perdita di vite umane. (2) Solo per edifici agricoli in cui vi sia possibilità di perdita di animali. Col segno X : si considera la componente di rischio indicata in testa alla colonna. Col segno – : non si considera la componente di rischio indicata in testa alla colonna.
Il valore totale del rischio (R) è la somma delle componenti di rischio
considerate.
Il rischio complessivo può essere visto anche come somma di contributi legati al tipo di fulminazione (diretta o indiretta) o tipo di danno (ad esseri viventi, alle cose o alle apparecchiature). Con riferimento al tipo di fulminazione: R = Rd + Ridove: Rd = Ra + Rb + Rcè il rischio relativo ai fulmini che colpiscono direttamente la struttura (fulminazione diretta della struttura); Ri = Rm + Ru + Rv + Rw + Rzè il rischio relativo ai fulmini che non colpiscono direttamente la struttura (fulminazione indiretta della struttura e fulminazione diretta e indiretta delle linee entranti). Con riferimento al tipo di danno: R = Rs + Rf + Rodove: Rs = Ra + Ruè il rischio relativo ai danni ad esseri viventi; Rf = Rb + Rvè il rischio relativo ai danni fisici; Ro = Rc + Rm + Rw + Rzè il rischio relativo alle avarie di apparecchiature elettriche ed elettroniche. 3.2 Calcolo delle componenti di rischio Le formule per calcolare le componenti di rischio discendono dall’espressione generale del rischio: R = N • P • LIl numero di fulmini all’anno N che interessano una struttura dipende da:
La probabilità P che un fulmine provochi il danno nella struttura considerata dipende da:
L’entità media L della perdita conseguente è funzione di:
Le formule per calcolare le componenti di rischio sono analoghe come struttura a quelle della vecchia norma CEI 81-4, ma in pratica completamente differenti nella sostanza. Le novità sono numerose e riguardano aspetti importanti come il modo di valutare il rischio tramite nuovi coefficienti e diverse regole di calcolo, ma anche aspetti secondari relativi a coefficienti già noti. 4. Classificazione di un Edificio in ZoneUna novità sostanziale introdotta dalla nuova norma, con riferimento al calcolo del rischio, è il concetto di zona che consente di assumere per la probabilità P e l’entità media delle perdite L valori diversi all’interno di uno stesso edificio. L’edificio può essere ripartito in zone omogenee in cui i parametri necessari per il calcolo di una determinata componente di rischio hanno un valore costante. In tal caso, il rischio complessivo della struttura è la somma dei rischi di zona. Il calcolo delle componenti di rischio attraverso la definizione delle zone consente di ottimizzare la protezione e limitare i costi in quanto le misure di protezione sono solo quelle necessarie per ogni zona. Per contro il metodo è oneroso nei calcoli e spesso, se le zone sono numerose, non è di semplice applicazione in assenza di un adeguato ausilio informatico. In alternativa, a favore della sicurezza, è possibile considerare la struttura come un’unica zona, assegnando ad ogni parametro il valore più cautelativo. In tal caso l’analisi del rischio è semplificata, ma il rischio complessivo è molto sovrastimato con la conseguente necessità di adottare misure di protezione in realtà non necessarie. Per suddividere in zone un edifico occorre tenere conto che i parametri per il calcolo delle componenti di rischio sono diversi da componente a componente e i loro valori cambiano, per ogni componente, con il tipo di rischio considerato. In un edificio, pertanto, le zone possono essere definite per ogni tipo di rischio e per ogni componente di rischio; inoltre esse possono essere diverse da rischio a rischio e da componente a componente. Un efficace criterio per la suddivisione di un edificio in zone tiene conto delle caratteristiche della struttura e del loro effetto sulle componenti di rischio; ad esempio influiscono:
Altri criteri possono essere di guida per identificare le zone, ad esempio il valore economico delle apparecchiature installate, la loro particolare sensibilità o funzione svolta. Al limite si potrebbe definire le zone anche a seconda del valore medio delle perdite conseguenti alla fulminazione della struttura. 5. Necessità o Convenienza delle Misure di ProtezioneLa procedura semplificata per stabilire se una struttura è autoprotetta e quindi non richiede misure di protezione (Appendice G, norma CE 81-1) viene meno con l’abrogazione della vecchia norma. La nuova norma non prevede un percorso semplificato per stabilire se occorre adottare misure di protezione contro la fulminazione; pertanto, occorre calcolare il rischio complessivo della struttura, per ognuno dei tipi di danno presenti, e confrontare tale valore con il rischio tollerato dalla norma (Rt). La norma stabilisce il valore di rischio tollerabile nel caso in cui il fulmine coinvolga la perdita di vite umane, la perdita di servizio pubblico o di patrimonio culturale insostituibile, tabella D.
Se R ≤ Rt la protezione contro il fulmine non é necessaria; se R > RT devono essere adottate misure di protezione al fine di rendere R ≤ Rt per tutti i rischi considerati. La procedura per valutare la necessità della protezione è illustrata in fig. 1.
Una novità significativa introdotta dalla norma consiste nella procedura per effettuare l’analisi economica relativa all’adozione di misure di protezione. Tale procedura richiede il calcolo delle componenti di rischio relative alle perdite economiche con e senza le misure di protezione. Noti tali valori ed acquisiti dal committente i valori economici della struttura e del relativo contenuto è possibile calcolare il costo annuale della perdita totale in assenza di misure di protezione (Cl) e il costo annuale delle perdite residue, cioè quelle che si hanno anche in presenza delle misure di protezione (Crl). Assunto un valore per il tasso di interesse (costo del denaro), gli anni necessari per ammortizzare la spesa delle misure di protezione e un costo di manutenzione, è possibile calcolare il costo annuale delle misure di protezione scelte (Cpm). Se Cl < Crl + Cpm, la protezione contro il fulmine non è economicamente conveniente. Se Cl ≥ Crl + Cpm, l’adozione delle misure di protezione si traduce in un risparmio effettivo. Quanto finora detto è riassunto nel flow-chart di fig. 2. Con riferimento all’analisi economica si ricorda che tale analisi va sempre effettuata, salvo espressa rinuncia del committente, onde evitare in seguito ad una fulminazione possibili richieste di risarcimento danni.
6. Misure di ProtezioneLa nuova norma integra le misure di protezione previste dalla norma CEI 81-4 e ne modifica il loro effetto sulle componenti di rischio. Per ridurre il rischio dovuto al fulmine esistono diverse misure di protezione, ognuna delle quali può avere effetto su una o più componenti di rischio. In relazione al caso considerato, le misure di protezione hanno prestazioni e costi diversi e la loro efficacia è subordinata al rispetto di specifici vincoli di installazione. La scelta delle misure di protezione più idonee, pertanto, va effettuata in relazione a:
Le principali misure di protezione sono:
Una delle novità principali introdotte dalla norma con riferimento alle misure di protezione è proprio il cosiddetto sistema di SPD. Con tale termine si indica un insieme di SPD opportunamente scelti, coordinati ed installati al fine di ridurre i guasti negli impianti elettrici ed elettronici. Le caratteristiche che deve avere il sistema di SPD per svolgere in modo efficace la propria funzione protettiva dipende da numerosi parametri. Gli SPD ad esempio vanno scelti a seconda del loro punto di installazione nell’impianto e della relativa corrente di scarica, della tensione di tenuta ad impulso delle apparecchiature da proteggere e della distanza esistente tra queste e l’SPD. In particolare la distanza tra apparecchiature e SPD, nei casi previsti dalla norma CEI EN 62305-4, deve essere inferiore alla distanza di protezione determinata da fenomeni di oscillazione e induzione. La norma contempla altre misure di protezione (integrative) che riducono la probabilità di danno, limitano le conseguenze delle perdite da incendio o impediscono il contatto con parti pericolose all’esterno della struttura. L’adozione di una o più di queste misure di protezione si traduce nell’applicazione, alle formule del calcolo del rischio, di coefficienti minori di uno che ne riducono il valore complessivo. Le misure di protezione integrative previste dalla nuova norma sono: a) Misure per Ridurre la Probabilità di Danno:
b) Misure per Limitare l’Entità delle Perdite da Incendio:
c) Misure per Impedire il Contatto con parti Pericolose all’Esterno:
Fonte articolo: TuttoNormel n. 1 gennaio 2006.
D.P.R. del 26/05/59 n. 689G.U. n. 212 del 4/9/1959Tabella AAziende nelle quali si producono, si impiegano, si sviluppano e si detengono prodotti infiammabili, incendiabili o esplodenti (art. 36, lett. a) del D.P.R. 27-4-1955, n. 547
segue tabella A
segue tabella A
D.P.R. del 26/05/59 n. 689G.U. n. 212 del 4/9/1959Tabella B
Aziende e lavorazioni che per dimensioni, ubicazione ed altre ragioni presentano in caso di incendio gravi pericoli per la incolumità dei lavoratori (art. 36, lett. b) del D.P.R. 27-4-1955, n. 547
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